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الأحد، 29 نوفمبر 2015

Hic et nunc

Hic et nunc
تعبير استخدمه مارتن هيدجر ليقول بأن ذاتيتنا لا تشير إلى الكينونة من حيث المبدأ الميتافيزيقي ولكنها تدور دائما حول عملنا في "الهُنا والآن"، أي تشير الى وجودنا في المكان والزمان، و"الكينونة هناك" (Dasein)، على اتصال دائم بالزمن، حيث، ومع ذلك، كلمة "هناك" لا تشير إلى مكان معين، ولكن الى شيئ غامض ومعقد، أو الى طريقة عمل  الكينونة  في التاريخ
l'espressione è usata da Martin Heidegger che afferma come la nostra soggettività non fa riferimento all'Essere come principio metafisico ma riguarda sempre l’hic et nunc in cui agiamo, cioè il nostro esistere nello spazio e nel tempo, e il Dasein ("esser-ci"), sempre connesso alla temporalità, laddove però il "ci" non sta a indicare una mera localizzazione spaziale, ma qualcosa di più ambiguo e complesso, ovvero il modo in cui concretamente (fenomenologicamente) l'Essere si dà nella storia, ad es. nell'esistenza dell'uomo
M. Heidegger, Essere e tempoSein und Zeit, prima edizione 1927, Halle, Germania
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http://dspace-roma3.caspur.it/bitstream/2307/167/1/Tesi%20Marotti.pdf


L’uomo  non  dispone,  come  gli  altri  animali di  un  rigido apparato   istintuale   e   di   un   ambiente   corrispondente,   questa   mancanza   di specializzazione espone l’uomo ad una profusione di stimoli, che lo rende un essere aperto   a   un   vastissimo   numero   di   possibilità.   Il   risvolto   positivo di   questa “incompiutezza  anatomico-funzionale”  e  della  non  specializzazione  istintuale  è costituito   nell’uomo   dalla   plasticità,   ossia   dalla   sua   multiforme   capacità   di adattamento, che “consente all’uomo di ricavare da ogni e qualsiasi costellazione di condizioni  naturali, modificandole,  delle  tecniche  e  degli  strumenti  per  la  sua esistenza”2.  Questo  significa  che  l’uomo  è  un  essere  la  cui  vita  dipende  dalla costruzione  che  ne  fa,  ossia  dalla  sua  azione.  Per  progettare  la  sua  azione,  egli necessita di muoversi in una realtà per lui intelligibile e non rigidamente determinata, bensì  rimodulabile  in  ‘possibili’  attualizzazioni, L’uomo  realizza  questa  ‘sua’  realtà servendosi del sapere tecnico, che gli permette di  ridurre la complessità intrinseca e caotica e, quindi, inintelligibile, del reale, operando un’astrazione su esso, attraverso uno  scomporlo  in  segmenti  astratti,  ricombinabili,  successivamente,    nella  forma  di ogni   immaginabile   attualizzazione.

Così   la   storia   dell’evoluzione   umana   può interpretarsi  come  l’estrinsecarsi  di  un  progetto  teso  a    sostituire  alla  ‘complessità’ indistinta e indeterminata  del mondo della vita, una ‘virtuo-complessità’ inorganica, privata dell’irrazionalità del reale e dunque dominabile. Il presupposto è che l’uomo genera  una  nozione  di  realtà  per  lui  intelligibile,  andandola    via  via  costruendo attraverso  apparati  tecnici  che  ‘mediano’  il  nostro  rapporto  con il  mondo  che  si configura in tal modo come riserva di potenzialità differenziate.

A  partire  dalla  fine  dell’800,  con  il  crollo  del  progetto  moderno,  inteso  come  volontà  di  costruire  teorie  e  interpretazioni  assolute,  in  cui  la  natura  umana  era interpretata come costante, universale e ‘biologicamente determinata’ , si è assistito a una  rinnovata  riflessione  sull’uomo  e  sul  suo  essere  al  mondo  che  ha  portato all’affermazione  di  una concezione  antropologica  dell'esperienza  umana,  secondo  la quale  l’uomo  ha  costruito,  attraverso  la  sua  attività  simbolica,  una  sua  ‘noosfera’. Questa visione nega l’esistenza di una realtà originaria  e impedisce di identificare le nostre  idee  con  il  reale,  in  quanto  queste  sono  coalescenti  ai significati  che  noi attribuiamo ai simboli interpretati in senso storico-culturale.  La realtà ‘immediata’ in cui pensiamo di vivere è, allora, una realtà ‘mediata’ dalla nostra mente, dalle nostre idee  legate  alla  cultura  in  un  rapporto  di  coproduzione.    Non  conosciamo, pertanto, una  realtà  data,  ma  solo  una  costruzione  consensuale  della  realtà,  la  quale,  in  senso assoluto,   è   mera   potenzialità   che   l’uomo,   attraverso   l’evoluzione   biologica   e culturale,  ha  attualizzato  in  un  particolare  modo  condivisibile  e  funzionale  alla sopravvivenza. Questo significa che  non esiste un’esperienza pura, originaria, e che sin dall’origine dell’uomo assistiamo a qualche forma di virtualità. In questo senso il virtuale   agisce   come   germe   di   un   diverso   modo   di   essere   del   reale,   non rappresentandone una fuga,  ma costituendone un potenziamento.

Il virtuale come potenziamento è il filo conduttore, della riflessione di Levy,  e prima di lui di Deleuze. Essa, per lo studioso, permette l'esplicarsi di un pensiero più complesso che si sviluppa nella possibilità di tenere insieme teorizzazioni eterogenee e contraddittorie, negando il presupposto di pensare in funzione di un ‘realtà unica’, legata all’idea dell’esistenza di un ‘mondo vero’ a cui si deve pervenire: nello spazio teorico  virtuale,  infatti,  si  sviluppano  connessioni,  in  cui  non  appena  si  cerca  di determinare  un  sistema  esplicativo  come  fondativo,    si  scopre  l’impossibilità  di connotarlo in modo definitivo, in quanto questo esprimerà la sua natura virtuale nella possibilità di ulteriori sviluppi e attualizzazioni in un altro schema teorico. Il virtuale tende allora all’ “attualizzarsi”, dove il  termine “attuale” vuole indicare una presenza che non ha i caratteri di un’identità fissa e completamente determinata,  ma possiede invece  i  tratti  di  una  identità  momentanea  sempre  soggetta  a  mutamento;  essa  è  un punto   singolare,   cioè   un   determinazione   mai   stabile,   in   cui   si   configura momentaneamente l’ambito virtuale.


 Un  ulteriore  fenomeno  che interviene è quello che la tecnica sviluppa la tendenza alla consuetudine, alla routine, alla normalizzazione dell'effetto; "ciò contribuisce a liberare la nostra mente, perché tutto ciò che è ripetizione, quotidiano, viene eliminato dai processi  mentali coscienti  che restano a disposizione di esigenze insolite ed eccezional


La  conoscenza  è  legata,  quindi,  al  modo  in  cui  il  sistema  nervoso  esplora l'ambiente,  la  realtà  che  ci  circonda,  il  mondo  interno,  il  corpo di  cui  esso  fa  parte. Quest'attività   esplorativa   implica   di   prestare   attenzione   agli   stimoli   nuovi, selezionando   quelli   più   solidi   e   rilevanti,   e   infine   di   rielaborare   l'esperienza sensoriale  dandole  un  significato.  Gli  stimoli  fisici,  dai  quali  prende  avvio  l’attività cognitiva,  devono  essere  selezionati  ed  organizzati,  poi,  in un  processo  che  li trasformi  in  una  rappresentazione  che  non  è  mai  rispecchiamento  della  realtà,  in quanto  elaborazione  di  una  struttura  cognitiva  dinamica  in  cui  il  dato non  è  mai esaurito  in  una  definizione,  ma  la  sua  ricchezza  di  senso  si  sviluppa  nelle  sue ripetizioni  e  nelle  sue  trasmutazioni  in  altri  elementi,  per  cui  si  perviene  alla costruzione  di  tali  rappresentazioni  a  partire  da  un  incessante  dialogo  fra  sistema  e mondo.  In  questo  modo  noi  organizziamo,  all’interno  di  un  processo  di  incessante attualizzazione, una visione del mondo e ce lo rappresentiamo, concretamente, come un  insieme  di  oggetti  dall'esistenza  indipendente  con  i  quali  entriamo  in  relazione: questa  visione  genera  una  nozione  di  realtà  che  non  è  dunque  mai  la  realtà,  ma  già una  realtà  ineluttabilmente  virtuale.


  Su un’offerta indiscriminata di stimoli, l’attività percettiva opera una selezione, in tal senso la percezione umana è già di per sé tecnica


on lo  sviluppo dell’apprendimento,   gli   oggetti   ricevono   un   nome:   i   loro   nomi   a   loro   volta  influenzano   il   modo   in   cui   vengono   percepiti   la   volta   successiva;   una volta etichettati, essi vengano più facilmente incasellati nell’archivio per il futuro”



Il  cervello  costruisce  un’immagine  del  mondo  reale,  ma  nello  stesso  tempo deve  anche  essere  in  grado  di  pianificare  in  anticipo  situazioni  che  non  si  sono ancora create, perché la sua funzione primaria è quella di garantire la sopravvivenza.


>>>  l'oggettività  “non  è  altro  che  lo  schema  collaudato  della  percezione  soggettiva  che [...],  attraverso  la  selezione  classifica,  differenzia,  privilegia,  tralascia,  creando  lo schema  del  mondo  che  l'azione  collauda”


العالم الموضوعي ليس الا انعكاس لذاتية الإنسان التي هي تطبيق خطط على العالم، ولكن هذه الذاتية تنشط  بعد أن أصبح العالم قابل للقراءة من خلال الفعل


Percepire  e  elaborare  gli  stimoli  all’interno  di  spazi  di  significato    sgancia  la percezione dal suo puro aspetto sensoriale.

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